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Il pensieroso di John Atkinson Grimshaw


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Il paesaggista inglese John Atkinson Grimshaw racconta di case vecchie e misteriose, strade illuminate dalla luna, notti estive animate da fate, ed ogni sua opera è bellissima.

Le persone dei suoi quadri camminano lungo i marciapiedi, sui sentieri, o si fermano appoggiandosi alle staccionate. Sono coppie di amanti, bambini a passeggio con le madri, donne sole. Tutti personaggi dipinti come piccole sagome precise che non danno dettagli personali eppure permettono di capirne l’identità, il ruolo nella storia che guardiamo.

Decidere quale quadro di John Atkinson Grimshaw possa diventare il mio preferito diventa quindi veramente difficile, perché ritrovo in ogni opera qualcosa da dire, un momento su cui fermarmi. Ma una decisione devo prenderla, così mi fermo non su un paesaggio, bensì su un ritratto: Il pensieroso.

Il titolo richiama una composizione poetica di John Milton che ha come oggetto la malinconia, che qui viene personificata da una giovane dama seduta in una serra, davanti ad un tavolino, un po’ china in avanti, con il gomito poggiato sul piano mentre si regge il viso con una mano. La posa è concentrata mentre lo sguardo è quello fisso di chi guarda, ma senza guardare. Anche se è rivolta allo spettatore, non sembra voler comunicare visivamente con lui, bensì guardare oltre, verso un punto indefinito, come succede quando si pensa.

La scena propone una sorta di bosco incantato e immaginario, fatto da un caleidoscopio di piante più o meno esotiche, che circondano la protagonista simile ad una principessa il cui trono è una sedia di legno lavorato. Dietro si sviluppa la profondità della serra mentre davanti ha una pedana di legno che apre lo spazio e divide le piante, come un sentiero magico che permette di raggiungerla solo se vorrà.

Il tavolino scuro, con il piano dalla prospettiva non molto corretta e che segue le linee del pavimento, aiuta a far risaltare il candore del tessuto leggero e ricamato del vestito, i polsini decorati da nastri, l’insieme di una ragazza giovane e bella accaldata all’interno di una serra. Il ventaglio infatti, che sembra fatto di ali di farfalla, spunta tra le gambe del tavolino, come fosse scivolato dal grembo, immobile per un momento, il momento in cui è il pensiero a prevalere.

E’ un quadro delicato e colorato insieme, che racconta di una natura artificiale dove il sogno si fonde con la realtà, in cui il pittore esprime con efficacia il pensiero di come la spensieratezza sia un bene effimero e a volte inafferrabile, anche in un contesto apparentemente adatto.

Ed il contesto diventa a sua volta protagonista di questa storia, che nasce dal contrasto tra quella malinconia che a volte accompagna alcuni momenti della giovinezza e la vitalità innaturale di una natura assemblata dall’uomo, in un caos calmo che grida silenzioso come la vita sia vita sempre, anche quando sembra sia qualcun altro a controllarla, a metterla insieme, a decidere quanto dovrà crescere e dove.

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