
Quando ho visto questo quadro la prima volta ho detto: ecco Balla! E invece ho scoperto di aver sbagliato. La cosa mi ha creato disappunto perché sono molto permalosa, ma non è che mi abbia stupito, la mia vita è un filo interminabile fatto di errori e ripensamenti che rendono molto più straordinario l’avere ragione che lo sbagliare. Eppure in questo caso avevo una scusa: il quadro è di un’allieva di Balla, Annie Nathan, che chiaramente assorbe con successo la tecnica e le motivazioni artistiche del maestro.
Questa artista, infatti, non solo utilizza come Balla una pennellata densa, rapida ed efficace che permette di rappresentare la scena anche in uno stile quasi a monocromo, ma soprattutto sceglie un tema che per Balla è fondamentale: la famiglia.
In questo caso abbiamo i genitori che giocano insieme ad un solitario su un tavolo di casa. Favorita dalla scelta della scala di grigi, sembra quasi che voglia realizzare una fotografia di un attimo rubato, fermare un ricordo che la rasserena e che rappresenta quell’amore su cui si basa la sua vita.
Certo, per chi sia un minimo conoscitore della storia di Roma dei primi del Novecento il cognome di Annie dovrebbe far scattare un campanello: Ernesto Nathan è il sindaco più apprezzato di sempre. Un uomo che non ha solo parlato di progresso, ma che lo ha realizzato, che ha sostenuto con forza l’introduzione della modernità a Roma e nell’agro romano insieme alla moglie e alle figlie, protagoniste di azioni politiche concrete per le pari opportunità e la diffusione dell’istruzione tra le donne.
Così crea sorpresa ed insieme piacere vedere come la figlia scelga di rappresentare i suoi genitori, lontano dal ruolo politico ma in un momento di vita familiare intimo e sereno, uniti in uno svago che rinnova una complicità data dalla consuetudine della vita insieme.
I genitori sono una parte del nostro cuore. Nel bene e nel male condizionano quello che siamo ed è più facile ricordare il male e pesarlo come maggiore piuttosto che portare avanti il bene che abbiamo ricevuto. Fanno parte della nostra esistenza e per questo la condizionano in una misura che siamo sempre noi, consciamente o inconsciamente, a determinare. Siamo vittime e carnefici di coloro che ci danno la vita e che se ne prendono comunque un pezzo indietro, sempre.
Annie Nathan costruisce quindi un’opera molto pensata, non solo nella tecnica che riesce a calibrare i chiari e i neri dando il giusto peso al vestito della madre e ai tocchi di bianco della pelle e del merletto che non vanno a sopraffare la composizione rendendo il tutto pacato e caldo allo stesso tempo.
Ma soprattutto nella scelta del soggetto perché porta fuori, con discrezione e delicatezza, un mondo di affetti, di equilibri, di gioia e sofferenza fermandolo in un’immagine apparentemente domestica e mite, ma che racchiude l’essenza del buono che lei sceglie ricordare dei suoi genitori.
E per questo il dipinto è anche un quadro saggio: perché racconta come, nello scegliere cosa ricordare della propria famiglia la cosa più giusta sia scegliere sempre il meglio.
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