top of page

Le porte di Damasco (1973)


Al di là del titolo esotico il giallo è inglesissimo. Ancora una volta la splendida coppia di investigatori dilettanti Tommy e Tuppence si trova suo malgrado a indagare su una vecchia storia di spionaggio e su un omicidio che li coinvolge quasi per caso.

L’idea iniziale è intrigante, Tuppence che ritrova, nella casa in cui si sono appena trasferiti, una sibillina frase in codice in un vecchio libro appartenuto a un adolescente prematuramente deceduto. Ma qui finisce il fascino della trama che si perde in una serie di indagini senza capo né coda, mentre i personaggi si affollano senza spessore e continuità.

E’ un libro che risente di una sorta di confusione narrativa che si ripercuote in tutte le sue parti, perché la storia affonda le proprie radici in un tempo ormai troppo lontano e poco credibile, soprattutto per il tema dello spionaggio.

La narrazione vorrebbe essere costruita sugli echi del passato riportati dagli oggetti, libri, giocattoli, lettere, e in un certo senso sono questi ultimi i veri protagonisti. Passano tra le mani degli investigatori come le dichiarazioni dei testimoni del delitto, forse con l’ intento, fallito, di restituire le anime dei loro proprietari passati, mentre non riescono a convincere né a coinvolgere.

L’ultima avventura di Tommy e Tuppence non è quindi la migliore, anzi, non ci fa rimpiangere affatto la loro pensione.

bottom of page