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La serie infernale (1936)


La serie infernale (1936)

Per la prima volta Agatha ci presenta un serial killer inteso con i canoni moderni: un assassino seriale che uccide per il gusto di uccidere, un pazzo con una spiccata vena di sadismo che sfida Poirot annunciandogli gli omicidi che commetterà. O forse no.

Ma andiamo con ordine, Poirot riceve delle lettere che gli preannunciano una serie di omicidi in cui la vittima ed il luogo vengono scelti seguendo l’ordine alfabetico e vengono firmati con la presenza di un orario ferroviario che si chiama ABC.

Tutte le vittime non hanno niente in comune se non seguire con il proprio cognome questo schema che però non ha un perché.  A narrare la storia Hastings, tornato dall’Argentina giusto in tempo per essere coinvolto in questa storia.

Il romanzo mi piace molto perché tutto quello che dovrebbe essere scontato invece non lo è e perché viene costruito secondo un cardine fondamentale: chiunque compia un gesto efferato come un omicidio ha un movente, compresa la pazzia.

Il duo Poirot – Hastings funziona benissimo, il colonnello riesce anche a non essere particolarmente invadente nella trama mentre i personaggi si presentano pieni e complessi al punto giusto.

In questa storia però la cosa notevole rimane il mistero, che sembra scoperto sin dall’inizio. Così il colpo di scena potremmo paragonarlo al boccone più buono di una fetta di torta che ci lasciamo per ultimo, mentre mangiamo tutto intorno ne indoviniamo il sapore, ma sarà solo quando lo metteremo in bocca che saremo sicuri che era il più buono.

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