Agatha è bravissima con i gialli ambientati sui treni, è un dato di fatto. Se “Il mistero del treno azzurro” mi era piaciuto tantissimo “Assassinio sull’Oriente Express” rimarrà sempre nel mio cuore. Ma non solo perché adoro la trasposizione cinematografica, bensì perché rimango ogni volta affascinata dall’originalità disarmante che racchiude la trama, audace e nello stesso tempo semplice.
Le prime due cose che colpiscono in questo testo sono: la solitudine di Poirot, non c’è Hasting ha raccontare la storia (la spalla è il signor Bouc, funzionario delle ferrovie e vecchio amico del nostro investigatore, ma fa molto poco nel processo di deduzione), e la struttura narrativa basata principalmente sul dialogo, così da rendere la storia simile ad un dramma teatrale.
Come suggerisce brillantemente il titolo, il romanzo si svolge su un treno internazionale bloccato dalla neve in un punto desolato dei Balcani. Qui si compie un assassinio efferato e il nostro investigatore è chiamato a risolverlo prima che le locomotive siano liberate. I personaggi sono tanti, ben sedici, tutti delineati con precisione e chiarezza, i dialoghi scarni e rapidi, e solo attraverso questi si ricostruiscono i fatti in un percorso a ritroso che racconta la notte sul treno dai punti di vista dei diversi viaggiatori.
Purtroppo ha un finale talmente forte che una volta letto ce lo ricorderemo per sempre, quindi la rilettura per me è stata piacevole, ma condizionata dall’aspettarmi la chiusura, perno su cui si concentra tutto, come in un crescendo che porta ad una piccola esplosione controllata.
Libro bellissimo che va letto, non posso dire altro, perché va anche scoperto, pagina dopo pagina.
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