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San Michele, princeps atque custos


S. Michele è un essere alato, quindi un angelo, o meglio, un Arcangelo, una figura cioè che nella gerarchia celeste si trova molto vicina a Dio. Tra gli Arcangeli è quello con la personalità più definita: è il guerriero, la mano armata di Dio non per offendere, ma per difendere.

Non a caso il nome Michele in ebraico significa “Chi è come Dio?”, domanda che egli stesso pone al ribelle Lucifero e a cui, mentre lo caccia all’Inferno insieme agli altri angeli che si volevano fare come Dio, risponde:” Nessuno! ”.

Michele lotta, lotta contro il male in tutte le sue forme, difendendo i cristiani aggrediti dal peccato e la Chiesa dai propri nemici.

Per questo la sua immagine più famosa è quella di un soldato vittorioso sul male-diavolo, un’immagine che accompagna la storia dell’arte dal medioevo ai giorni nostri arricchita dei significati che le vicende storiche, di volta in volta, le danno.

Il culto di questo Arcangelo fiorisce in Oriente già dal V secolo, e continua a crescere senza interruzioni in Occidente anche attraverso la cultura longobarda, che lo diffonde in Europa ed in particolare in Italia.

L’Italia, e precisamente il Gargano, è centro di apparizioni miracolose già nel 490, 492 e 493 d.C., in conseguenza delle quali viene fondato un grande e forte Santuario, meta di pellegrinaggi fin ai giorni nostri. La Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, scrittore del XIII secolo, ci testimonia gli avvenimenti di queste apparizioni, costituite da tre momenti principali di cui il primo è il più suggestivo: ha per protagonista un toro fuggito in una grotta ed il ricco Gargano, eponimo del monte, che scaglia una feccia avvelenata per stanarlo, ma se le vede tornare contro e colpirlo. Si chiede l’intervento di un vescovo, che indice tre giorni di digiuno al termine dei quali gli appare l’Arcangelo in persona, il quale spiega di aver provocato lui il prodigio per dimostrare che era difensore e custode di quel luogo.

Ma Jacopo da Varazze ci segnala altre importanti apparizioni: in Francia, sul monte Tomba nel 710, ed a Roma nel 590.

La tradizione francese è simile a quella garganica, avendo anch’essa al centro un toro che indica il punto per la costruzione della chiesa, e queste similitudini hanno portato talvolta a confondere le diverse storie nelle rappresentazioni pittoriche. Centro di questo culto, famoso in tutta Europa, è l’affascinante santuario di Mont-Saint- Michel, la cui bellezza è arricchita del famoso fenomeno delle maree.

La tradizione romana ha per protagonista il papa più prestigioso del medioevo: Gregorio Magno. Nel 590 la peste flagellava  la città, il papa decise una solenne processione per chiedere l’intercessione divina e proprio davanti, anzi sopra, al mausoleo di Adriano, vide San Michele sospeso nell’aria trafiggere con una spada la nube nera della pestilenza, liberando così la città dal male.

Da allora il mausoleo non solo è divenuto una fortezza dedicata all’Arcangelo, Castel Sant’Angelo appunto, ma ha fornito sempre un rifugio sicuro ai papi nelle alterne vicende della storia della Chiesa, esprimendo a pieno il ruolo di aiuto e conforto che contraddistingue da sempre questa figura angelica.

Affianco al ruolo di “princeps militiae angelorum” e “custos ecclesiae romanae”, egli ha anche il compito di accompagnare le anime nell’Aldilà, pesandole su una bilancia che indicherà la strada verso il Paradiso o l’Inferno, così  lo si incontra nelle rappresentazioni del Giudizio Universale.

Il rapporto con l’Aldilà, che lo definisce in un’ aggettivo dal suono suggestivo: psicopompo, è uno degli elementi che lo legano a culti e figure più antichi di quelli cristiani. Mitra e Mercurio sono indicati come le divinità pagane che precedettero la figura di San Michele e delle quali quest’ultimo ha mantenuto alcune caratteristiche come: il culto nelle grotte e sulle alture, la figura del toro, l’acqua con funzione taumaturgica e, appunto, l’accompagnamento delle anime.

Proprio perché legato alla montagna, alla cultura della pastorizia che vive di spostamenti, che si rifugia nelle grotte e che beve alle fonti che incontra, S. Michele è sempre stato venerato con particolare sincerità dai pastori, ecco allora che, ancora oggi, sopravvive l’usanza, in alcuni paesi, di portare periodicamente in processione la sua statua da una cappella  sulla montagna ad una del paese e viceversa, le date di questi spostamenti sono quelle del calendario dei santi, dove la festa più antica dedicata a S. Michele è l’8 maggio ed il 29 settembre invece è la festa degli Arcangeli unificati. E’ evidente come questi appuntamenti si riferiscano ai ritmi della transumanza, che vedono lo scendere dei greggi a valle in inverno (la statua in inverno resta in paese) ed invece il salire sui monti tra la primavera e l’estate (la statua ritorna nel santuario rupestre).

Ecco perché San Michele è tra le figure angeliche più rappresentate, venerato da Papi e pastori, l’angelo che troviamo spesso intento a schiacciare un demonio già sconfitto, che si presenta forte della forza di Dio e che, come leggiamo in Isaia “si è rivestito di giustizia come di una corazza, e sul capo ha posto l’elmo della salvezza (59, 17)”, riassume in sé gli ideali più alti della cristianità, fatti di umiltà ed ubbidienza (Chi è come Dio?Nessuno!), saldezza nella fede della protezione divina e nel conforto di questa nella vita come nella morte.

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