Le lucciole sono tra le rare cose autenticamente magiche. Illuminano solo pochi luoghi e in un periodo molto corto dell’anno. Si muovono nel buio come spiriti, con le loro piccole luci che danzano silenziose mentre sembrano voler comunicare qualche cosa di misterioso ed eterno.
Il quadro di Kobayashi Kiyochika, pittore giapponese attivo nella seconda metà dell’Ottocento, racconta uno di questi luoghi. Costruisce una visione notturna che non esiste probabilmente più, la riva di un fiume attraversato da un ponte e da una barca, che illumina i suoi passeggeri ma non diffonde la sua luce molto oltre nell’acqua. Intorno, la vegetazione composta solo dalla sua ombra, il fiume dai toni blu scuro che si confondo con quelli del cielo, e le lucciole, vere protagoniste della storia, ritratte a gruppi come piccole fiaccole tenui.
La barca scivola sull’acqua e le lucciole scivolano nell’aria, in una fusione degli elementi e del paesaggio che rappresenta con successo la sensazione di una serata di inizio estate, quando l’aria è calda ma non afosa, e la natura sembra riprendere il respiro nel buio che segue una giornata di sole.
Spettatori un po’ disattenti sono i passeggeri della piccola imbarcazione, ombre tra le ombre, che si muovono silenziosi e che trovano nella notte buia il conforto della luce delle proprie lanterne.
Eppure in questo quadro, che racconta come la luce si possa trovare anche dove crediamo sia assente, la notte non è più tanto buia non solo grazie alle lanterne, ma sopratutto per merito di quei piccoli miracoli, che accompagnano la barca con il loro movimento silenzioso, verso una destinazione che non è importante conoscere.
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