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Ferdinando attirato da Ariel di John Everett Millais


Ferdinando: Dove può essere questa musica? / Nell’aria o sulla terra?

Ariel: A cinque tese tuo padre è sepolto; / coralli gli son fatte le ossa; / son perle gli occhi del suo volto, / niente di lui che perire possa, / che il mare non lo vada convertendo / in qualcosa di ricco e stupendo: / Suonano a morte le ninfe del mare.

Un giovane si tiene il cappello mentre uno spiritello invisibile, sorretto da altri esseri fatati, glielo alza per bisbigliargli qualcosa, intorno una natura descritta nei minimi particolari. Così Millais, rappresentante tra i più influenti del movimento ottocentesco inglese dei Preraffaelliti, immagina e dipinge una famosa scena de “La tempesta” di Shakespeare.

Ferdinando, figlio del re di Napoli, è naufragato sull’isola abitata da Prospero e Miranda e viene ora condotto davanti a loro dallo spiritello Ariel, che non esita a mentire, dandogli la falsa notizia dell’annegamento del padre, così da assecondare il piano di Prospero di trovare un marito alla figlia e capovolgere la situazione a danno dei propri nemici.

Il quadro è eseguito con la tecnica in plein air, secondo l’aspirazione Preraffaelita di far rinascere l’arte inglese con la rappresentazione diretta della natura insieme alla scelta di temi significativi che si differenzino dai soggetti triti e sentimentali così diffusi nell’arte britannica del tempo.

E qui il pittore cerca proprio di riprodurre in modo minuzioso ogni filo d’erba mentre sceglie di rappresentare un brano poetico e simbolico, tanto da inserire nel catalogo in cui viene riprodotta la tela la citazione che lo ispira.

Ma l’impegno profuso nel fondere insieme natura e poesia non sarà riconosciuto dalla critica dell’epoca, che non risparmierà giudizi impietosi soprattutto alle creature fatate, troppo diverse dall’iconografia corrente. Non si capirà infatti che il loro valore è per Millais molto più sottile di quello che si pensa, esse rappresentano la vera sfida creativa del quadro: dare forma a qualcosa che non ce l’ha, rappresentare visivamente una voce che arriva portata dal vento, non solo disegnare il suono, ma disegnare un suono che non può esistere.

 Il verde con cui sono creati insieme al tratto quasi trasparente delle ali che li sostengono senza peso, esprimono quella “invisibilità” che fa parte del racconto dell’immagine.

Millais cerca di rappresentare in modo razionale, appunto “naturale”, un concetto invece assolutamente irreale: la magia di una creatura che l’occhio umano non dovrebbe vedere ma che invece sente, appunto, nell’aria.

L’ossessione per il particolare reale si scontra con un’idea onirica con cui non può convivere, lo squilibrio si concretizza tra la perfezione della piega della calza sul ginocchio, oppure ogni singola pianta costruita con il giusto peso e la giusta sfumatura, e l’immagine fantastica di qualcosa che invece non esiste, rappresentazione di un’idea che non ha riscontro nel mondo degli uomini ma solo nell’immaginazione dell’artista.

Ecco quindi che questo quadro si presenza bellissimo e insieme disturbante. Bellissimo perché sovrappone due piani percettivi, reale e irreale, entrambi realizzati con la perizia che richiedono, tecnica per ciò che è reale, creativa per ciò che non lo è, ma disturbante perché l’artista non riesce a trovare un punto d’incontro che giustifichi il senso di questi due piani.

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