top of page

Escher a Roma


escher

Finalmente ho visto qualcosa di cui valga la pena parlare: la mostra “Escher”, a Roma, nel fantastico Chiostro del Bramante fino al 21 febbraio 2015.

Ho sempre pensato che Maurits Cornelis Escher sia uno di quegli artisti che si conoscono da giovani, il fascino delle geometrie e degli spazi visionari ha un effetto quasi magico su quelle menti che hanno ancora tanto spazio a disposizione per la creatività.

E forse ho un po’ ragione visto che il pubblico che ho incontrato, in un giorno infrasettimanale e quasi all’ora di chiusura, aveva per la maggior parte dai venti ai trent’anni, composto da molti gruppi di amici e coppie, quella gente insomma che vedi più spesso seduta davanti ad un mojito che in una sala di una mostra.

Di Escher ho già parlato, è un genio dei primi del Novecento, un artista complesso che ci racconta dell’insieme della vita dell’uomo attraverso metafore della  ciclicità, del cambiamento, del tempo e della natura.

In immagini costruite con arguzia matematica e tecnica, Escher racconta una visione delle cose che lo circondano sottile e profonda, in cui lo spettatore si perde, come in un bagno in mare aperto, dove ci si può tuffare a testa bassa dalla barca o scendere piano dalla scaletta.

Infondo l’artista ci propone proprio questo, un’immersione visiva in un ambiente-metafora, che può essere vissuta come un gioco enigmistico o come una riscoperta della propria realtà.

E questo lo ritroviamo tutto nella mostra, costruita in modo mirabile proprio perché fa immergere lo spettatore anche in installazioni che invitano alla comprensione attiva delle immagini e alla partecipazione diretta della genesi della forma.

Il curatore, Marco Bussagli, uno degli iconografi più bravi che abbiamo in Italia e non apprezzato quanto meriterebbe, ha centrato in pieno lo spirito dell’artista e il metodo di comunicarlo.

Escher infatti è famoso per le incisioni, e quello che si trova esposto, nella maggior parte dei casi, sono appunto piccolo quadri in bianco e nero disegnati, non dipinti. L’immagine diventa forte se ci si sofferma ad analizzarla, se le si dedica del tempo, perché uno sguardo veloce non permette di catturarne la complessità e il significato. In poche parole la noia potrebbe essere dietro l’angolo.

Ecco spiegata quindi la scelta vincente dei pannelli interattivi, che diventano la chiave di tutto, perché avvicinano il pubblico all’opera e lo indirizzano verso il modo corretto di approcciarla, creando inoltre una partecipazione attiva che è il vero fulcro della storia raccontata da Escher. L’aggiunta poi della possibilità di fare dei selfie, degli autoritratti con i propri cellulari, diventa insieme un elemento di partecipazione e fresca congiunzione con la modernità.

Ho infine apprezzato molto lo spazio dedicato al rapporto dell’artista con l’Italia, dove ha vissuto ed è cresciuto artisticamente, che viene qui ricostruito in modo da ricordare come il nostro paese sia fonte di ispirazione inaspettata anche per coloro che possiedono un’estrazione culturale che sembra lontana dalla nostra, ma con la quale riusciamo a fonderci benissimo.

Una mostra bella che vi invito a vedere perché mette insieme tutte le cose che devono esserci in una esposizione fatta bene: un artista di qualità, un progetto scientifico solido e corretto, le emozioni uniche che nascono dall’arte.

Comments


bottom of page