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Di colouring book e dell’arte che serve


copertine ultra

Sono ormai vari mesi che mi occupo di colouring book, ovvero di “libri da colorare per adulti”, e nello specifico ho ideato dei volumi contenenti illustrazioni d’artista da colorare.


La curiosità che mi ha portata verso questa tipologia di libro d’artista nasce dalla forte distinzione “per adulti”, con cui viene bollata. Con questa indicazione è evidente che l’editore, e quindi anche il fruitore, ritiene necessario specificare che anche se non hai più sei anni puoi prendere un pennarello in mano e disegnare o colorare, e rassicurarti che non sei strano se hai voglia di farlo.

Questo ci dà già il parametro di come ormai l’arte venga vissuta nella nostra società e nell’immaginario collettivo: come qualcosa di altro, di estraneo al quotidiano. Ma è proprio da questo scollamento tra la nostra esigenza di creatività e la percezione della sua posizione nel nostro vivere ogni giorno che nascono molti dei nostri disagi personali.

Quando parliamo di cultura la affrontiamo come qualcosa di altro rispetto a noi. Qualcosa che va acquisito, qualcosa che è fuori, quindi ricercato e conquistato, ma dimentichiamo invece la dimensione personale che è la spinta stessa alla nascita dell’arte. La fruizione non è solo conquista, ma anche partecipazione.

I colouring book hanno la funzione di farci riappropriare di una dimensione personale della creatività. Servono a riprenderci quello che ci ha tolto la visione dell’arte contemporanea: il nostro diritto ad essere personalmente creativi. E in questa ottica assumono un ruolo terapeutico.

Attraverso le forme che ci mettono a disposizione altri, ci riappropriamo di spazi abbandonati, spazi emotivi e nello stesso tempo reali, dove il colore è il tramite della nostra esperienza artistica.

Liquidare questi volumi come “giochini per ridurre lo stress” facilita solo apparentemente la loro comprensione e sottintende paradossalmente che forse “lo stress” nasce proprio dalla repressione incosciente della nostra creatività.

Questi libri rispondono ad una necessità più profonda, equivalente alla necessità di conoscenza dei libri comuni, ma molto più sottile da afferrare. Attraverso questo nuovo mezzo possiamo superare i preconcetti che li bollano con quel “per adulti”, comprendere la normalità delle nostre necessità creative e svilupparle per ritrovare un equilibrio che  ci siamo tolti da soli.


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E a questo punto cosa c’entra Mariuccia d’Angiò?

In questo paese in cui è difficile fare l’artista se non hai meno di 35 anni figurarsi cosa vuol dire riprendere una carriera interrotta per decenni e ritrovarsi artista a 67.

Cosa di può fare se si ha solo talento e non si ha una rete di conoscenze nel posto giusto che riconosca il talento che hai?

Che cosa si può fare quando non riesci a lavorare solo per te stesso perché l’arte vera è condivisione, esiste nella fruizione di qualcun altro, e per questo ha un bisogno necessario di essere visibile, di farsi conoscere?

Sono questi gli interrogativi che si pone Mariuccia d’Angiò mentre dipinge le sue illustrazioni, mentre cerca di ritrovare un mondo a cui sente di appartenere ma che nello stesso tempo le è estraneo.

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E così le immagini che realizza rispecchiano questa nuova ricerca di condivisione, si mettono a disposizione di chi le guarda e gli chiedono di essere terminate, colorate, accompagnate da altri tratti, in un percorso che è volutamente fatto in due e non più da soli.

Partendo dalle suggestioni di altri artisti che non hanno nome, gli amanuensi medievali, gli stuccatori barocchi, o i vasai greci, Mariuccia arriva a creare un percorso aperto alla creatività di chi guarda che riconosce nella costruzione delle linee lo spazio bianco come un nuovo luogo di appartenenza creativa, il vero luogo della partecipazione a cui può accedere chiunque.

Ecco quindi la vera motivazione di queste illustrazioni: il trovare gli altri per ritrovarsi, in un mutuo scambio di emozioni, che portano all’inevitabile soddisfazione emotiva, perché colorando queste creature leggendarie piuttosto che le decorazioni di un quartiere romano, ritroviamo quel pezzo che ci manca per l’equilibrio, quel momento perfetto di sinergia con qualcuno spinto dallo stesso intento: liberare la propria creatività nel vero modo che può soddisfare: insieme.

Così abbiamo messo insieme la nostra voglia di ribadire che l’arte serve e abbiamo prodotto questi due volumi con Ultra, che ci ha creduto, e speriamo di continuare insieme anche a voi a ribadire che:

l’arte serve, sempre.


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