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Black Mirror di Mat Collishaw


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Ancora due giorni, termina il 15 febbraio, per vedere una piccola ed efficace finestra sull’orrore. Mat Collishaw costruisce una macchina antica, ovvero uno “zootropio” tridimensionale, una versione contemporanea di un giocattolo di età vittoriana, che anima la Strage degli Innocenti di Ippolito Scarsella, artista che vive tra la seconda metà del cinquecento e i primi decenni del seicento.

Con una maestria tecnica ammirabile Collishaw fabbrica una scatola magica che all’improvviso si anima e che ci proietta in una scena da sala in 3D, solo che l’immagine che ci propone con l’ossessione senza speranza della ripetizione è un insieme di atti crudeli e orribili, basati appunto sull’omicidio di innocenti e indifesi.

L’interpretazione è facilissima, siamo di fronte ad una critica esplicita al mondo che viviamo e alla nostra abitudine alla violenza, che non scuote più lo spettatore e lo rende impermeabile a quello che gli succede intorno.

Con questa opera che si incontra passeggiando tra le sale che ospitano Bernini e Caravaggio, nella Galleria Borghese di Roma, insieme ad altre tre che però non hanno la stessa forza visiva, l’artista dà come uno schiaffo allo spettatore, lo costringe a guardare la propria realtà attraverso la lente di un’immagine inventata ma assolutamente verosimile allora come oggi.

La riflessione su un argomento reso banale dalla sua facilità è la forza di questo progetto che ci costringe ad ammettere che non capiamo più il significato del dolore e della morte perché la incontriamo sempre nella finzione e di rado nel quotidiano.

Le statue che si animano e si muovono su quella giostra visiva mettono insieme i due mondi e ridonano quel senso di realtà che abbiamo perso, scuotono i nostri cuori e ci mostrano che la ferocia esiste, fa parte anche di noi, e come tale non la possiamo ignorare.


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