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Sono fuori dal tunnel…del divertimento


Oggi parlerò di un altro capito doloroso della mia esistenza: le feste. Ma non le festivitá tipo Natale o Pasqua, no, intendo proprio quegli eventi organizzati in occasione di compleanni, addii al nubilato, lauree. Quelle occasioni a cui un tempo eri invitato con una telefonata, poi con un messaggio sul cellulare, ora con un “evento” di Facebook.

E con l’evento di Facebook ti fregano proprio, perché non puoi far finta che te lo sei dimenticato o che non ti é arrivato l’invito, perché ci pensa Facebook in persona a ricordartelo ogni giorno e a volte arriva a molestarti anche quando la festa si è fatta, ovvero ti lascia il messaggio che te la sei persa! Ogni volta che mi arriva una comunicazione di questo tipo per me é una tragedia, perché dire che io e le feste siamo agli antipodi è riduttivo. Dire che le detesto non rappresenta appieno lo sconforto che mi prende solo all’idea di questi stanzoni pieni di persone che si muovono in modo convulso, sotto luci fioche, con la musica talmente alta che poi le orecchie ti fischiamo per almeno un’ora dopo che sei uscito dal supplizio. Ma andiamo con ordine. Io odio le feste perché mi annoio da morire. Se vado ad analizzare le varie attività che si svolgono in questi momenti di socialità mi accorgo che l’unica cosa che sarei in grado di fare ad una festa sarebbe parlare, ma pure questo mi è precluso dalla succitata musica alta. Infatti non ballo, non bevo, lo sapete già se avete letto il mio pezzo sulla sbornia triste, e non fumo. I fumatori ormai sono diventati una razza che si apparta all’improvviso in branco, ammucchiandosi sui terrazzini o uscendo dai locali per consumare il rito della chiacchierata/sigaretta. E pure da questo rito sono esclusa a meno che non decida di fare una scorta di fumo passivo e capelli puzzolenti. Almeno sapessi fare finta di fumare! Conosco persone che fumano quando sono in queste situazioni proprio per sentirsi meno sfigati, ma neanche quello sono in grado di fare. Così mi aggiro lungo i muri col mio bicchiere di Coca Cola in mano e cerco di farmi notare il meno possibile, metti che qualcuno avesse la malaugurata idea di chiedermi di ballare, perché io sono un tronco, una panchina, un semaforo ha più mobilità di me. Mi muovo tra le ombre aspettando che scatti l’ora più consona ad andarmene, che coincide con il primo che saluta e che mi permette di fare lo stesso dopo circa 5 minuti, perché così non verrò ricordata come la prima ad abbandonare la festa. Devo dire che la prima boccata d’aria dopo l’uscita da quel piccolo inferno é sempre di una dolcezza commovente, mi sento come uno uscito di galera, riacquisto la speranza e la gioia di vivere, ritrovo la serenità persa per quel paio di ore di supplizio. Quindi ecco, ho trovato una cosa che mi piace delle feste: quando me ne vado via.

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