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Le cose di cui ho paura


Sono buoni tutti ad avere paura della morte, della malattia, del covid, di perdere il lavoro o dei terremoti, ma bisogna essere veri professionisti del terrore per temere le cose che fanno paura a me.

Ecco un elenco delle mie paure principali, potrei scrivere un trattato, ma mi limiterò alle prime sei che mi vengono in mente

  1. I cretini. Sono dappertutto, certe volte mi sembra di esserne circondata. Si presentano come persone normali e poi se ne escono con affermazioni o peggio, azioni, che mi risultano incomprensibili. Perché per me è sempre stato difficile pensare che quelli che ho intorno non arrivino a fare i ragionamenti che faccio io. Ben inteso, non pretendo che tutti arrivino allo stesso risultato del mio ragionamento, ma che, in situazioni per me chiarissime, almeno imbocchino una direzione ragionevole. Per questo sono spaventosi, perché sono imprevedibili. Possono creare disastri peggiori dei terremoti e non rendersene conto, mentre io mi trovo al centro di quel disastro impotente e attonita.

  2. I ragni. Paradossalmente sono meno diffusi dei cretini. E devo ammettere che se in generale mi fanno tutti ribrezzo, il mio terrore è scatenato da una tipologia precisa: il ragno peloso. Solo a scriverlo mi viene un brivido lungo le braccia e la pelle da cappone. In campagna purtroppo ce n’è una varietà enorme che predilige gli infissi, non so come riesca ad infilarsi proprio nelle aperture delle finestre, e nella cassetta della posta. Così mi è capitato una volta di andare a prendere le bollette, operazione di per sé comunque sgradevole, e nell’apertura dello sportellino trovarmi davanti uno di questi esseri orribili, grigio, peloso, enorme e rapidissimo. E’ saltato fuori con la velocità di un fulmine, per un attimo ho avuto l’impressione che volesse aggredirmi, ho tirato su un urlo che ancora rimbomba per le valli, e credo che in quel momento mi siano venuti i primi tre capelli bianchi. Forse salvata dalla potenza delle mie corde vocali, forse più semplicemente dal fatto che il ragno voleva farsi i fatti suoi, l’incubo è sparito all’istante, ma io ancora oggi ho grandi difficoltà ad avvicinarmi alla cassetta delle lettere, e non solo per le bollette.

  3. Il vuoto. Questo terrore ha una serie di risvolti molto complessi, perché non si applica semplicemente alle scale a chiocciola, o senza parapetto o alle terrazze panoramiche, memorabile la discesa dalla Torre degli Asinelli di Bologna, notoriamente 97,20 metri di scale senza parapetto. Ma essendo in forma molto articolata, condiziona parti importanti della mia vita. Per esempio ho il terrore dell’acqua dove non tocco. Per me la trasparenza è vuoto. E proprio perché quando entro in un aereo c’è un bel pavimento di moquette, di volare non ho paura. Mentre le impalcature, con tutto quel vuoto attorno, sono per me inaccessibili, tanto che non avrei mai potuto intraprendere una carriera di restauratrice, anche se mi piace tantissimo la materia. Altro aneddoto su un trauma degno di nota è infatti legato all’unica volta che sono salita su un’impalcatura da restauro per vedere Michelangelo da vicino. Era un lavoro importante e non mi potevo rifiutare, quindi ho indossato la faccia più falsamente serena che avevo e mi sono avviata su per le scalette di ferro. E mentre mi sembrava che la cosa poi non fosse così pericolosa, ecco che sento un rumore sordo provenire da sopra la mia testa e vedo una squadra da disegno che, passando tra gli spazi del pavimento del piano superiore, non mi cadeva di punta a dieci centimetri dalla testa. E’ oggettivo che per poco non ci restavo secca. L’ho interpretato come un messaggio divino: anche Dio è d’accordo che il vuoto non fa per me.

  4. I clown. Mannaggia, quanta paura mi fanno i clown. E non è per IT di Stephen King, né per il viso truccato che toglie loro lineamenti umani, è perché fanno gli scherzi. Odio gli scherzi, mi spaventano anche loro. Non mi piace essere presa in giro, cadere nell’inganno, fare figure barbine e soprattutto perdere, ancora una volta, il controllo. Grazie a Dio questo tipo di spavento non ha aneddoti diretti che hanno segnato la mia lunga esistenza, almeno per ora, grazie alla mia arguta destrezza nell’evitare gite al circo e nonostante abbia letto il libro citato sopra, che comunque è un pezzo di letteratura contemporanea.

  5. I monopattini. Sono una paura recente, causata dalle mie passeggiate in centro, dove mi sono vista sbucare dai punti ciechi mentre camminavo regolarmente sul marciapiede questi insipienti nuovi mezzi di locomozione guidati da turisti dall’aria bovina. Così, se prima avevo il timore di fare la fine di una frittella ogni volta che attraversavo la strada, adesso ho una paura discreta anche a stare sul marciapiede, visto che i pirati si sono trasferiti nel mio spazio di spostamento. Potrei passare ore a enunciare tutti i motivi per cui sono oggetti pericolosi, ma mi limiterò ad uno solo: di solito li guidano persone che credono di andare a piedi, peccato che non sia così.

  6. La pagina vuota. Forse questa è la paura più banale per una persona che scrive abitualmente, ma ammetto che è forse l’unica paura costruttiva che ho. Nel senso che se non scrivo per un lungo periodo, come mi è capitato adesso, ho paura di non essere più capace, e per questo mi costringo a scrivere, come sto facendo adesso. Magari il risultato non sarà dei migliori, magari l’ispirazione sarà un po’ stantia, come quei biscotti che lasci troppo tempo mezzi aperti nella dispensa, ma alla fine i biscotti vanno finiti e pure questo pezzo, con quest’ultima paura, va chiuso.

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