Certe volte penso che la reincarnazione sia l’unica spiegazione possibile. Sono quei momenti in cui mi prende lo sconforto per la situazione in cui mi trovo o per gli schiaffi che prendo, e cerco una motivazione a quello che mi sta accadendo. Allora penso di essermi macchiata di qualche crimine orribile in un momento imprecisato di una mia vita passata e che lo sto pagando ora, secondo una forma rateale del karma che suonerebbe pressappoco “Compri ora e paghi per sempre”.
Perché la vita è un susseguirsi di diversi gradi di “maiunagioia” e la felicità esiste solo nel momento in cui assapori un cioccolatino, ma finisce appena dal palato passa allo stomaco e ti rendi conto che si depositerà a tempo indeterminato sui tuoi fianchi.
L’insieme di questi momenti di sconforto potremmo definirli “inferni personali”, ovvero quelle situazioni che ci intrappolano e dalle quali non riusciamo ad uscire, condite di demoni e supplizi che sappiamo di non meritare ma da cui non possiamo scappare. Così ho pensato di condividere qualcuno dei miei preferiti con voi.
La metro di Roma. È sicuramente l’inferno più famoso della città. Contiene tutti gli elementi di un buon luogo di martirio e tormento: gironi infernali da cui è impossibile uscire se non al prezzo di scale infinite, aria puzzolente e luci al neon ad intermittenza, folla immane che minaccia di travolgerci, borseggiatori impunibili, l’impressione di poter ricevere qualsiasi tipo di germe e malattia che l’umanità può condividere o morire senza preavviso per un motivo imprecisato vittima di una casualità imprecisata. Ma la vera finezza di questo tormento, che lo rende il primo in classifica senza appello, è il fatto che sia un male necessario, perché per muoversi in questa città tentacolare, paradossalmente, rappresenta il metodo più comodo, come dire, tra bere la benzina e bere l’acido magari la benzina brucia meno. E proprio perché necessario, nel momento in cui ce lo tolgono, diventa ancora più una causa di sofferenza.
I saldi di mezza stagione. Quando ormai stai per fare il cambio dell’armadio ti ritrovi con la possibilità di comprare cose che non ti servono, che potrebbero essere buone per la stagione che sta per finire o per quella del prossimo inverno, ma non hai il denaro per una spesa imprevista e diciamocelo, inutile. E dico che è inutile solo perché in realtà non me la posso permettere, avendo speso tutto nelle feste comandate e per programmare le vacanze di primavera, quindi l’acquisto compulsivo motivato dal saldo diventa impossibile e la sua sollecitazione rappresenta una tortura.
La dieta prima della prova costume. Quel lento stillicidio della mezza stagione per cui vedi ancora che c’è tempo per metterti in forma, ma nello stesso tempo vedi che c’è ancora tempo per decidersi a farlo in un altro momento. E mentre traccheggi tra un maritozzo e un gelato si è fatto giugno e le tue chiappe non entrano nel costume e ti tocca comprarne uno nuovo e ritornare nel loop del saldo mancato qualche mese prima.
La presbiopia. Uno dei momenti più brutti della vita è rendersi conto che non si legge più nulla non perché si è diventati improvvisamente analfabeti di ritorno, ma perché la vista ci sta abbandonando a causa degli anni che passano. Così si inizia ad aumentare la luminosità del cellulare, il carattere sullo schermo, a spostare le pagine del libro un po’ più lontano o a togliere gli occhiali, se si è miopi, anche quando si cerca di decifrare la propria scrittura. Ed ecco che è un attimo che tocca farsi gli “occhiali da vicino”. Si parte con quelli della farmacia e poi ci si rende conto che bisognerà andare dall’ottico con quella sensazione di essere ormai sulla strada per il Pack che non ci toglierà più nessuno.
I messaggi vocali di whatsapp. Ogni volta che mi arriva un messaggio vocale muore un po’ di me. Perché se mi devi dire qualcosa preferisco che mi chiami, credo abbia più senso che dettarla e poi aspettare che ti risponda, anche perché io rispondo sempre per iscritto proprio per far capire che non sopporto i messaggi vocali. Ma tutti fanno finta di non capire e insistono, insistono finché non mi arrendo alle faccine e solo rispondendo con quelle si piegano, perché sono più carine delle lettere. Ma per uno che mi risponde con un cuore ce ne saranno altri tre che mi manderanno messaggi vocali, in un percorso infinito da cui non potrò mai uscire fatto di reflusso gastrico da nervoso e reazione allergica.
La vescica piccola. Ebbene si, la vescica piccola è un tormento tremendo. Una punizione divina oserei dire. Bastano due bicchieri d’acqua e tocca tirarne fuori quattro. Per questo, fuori casa o fuori ufficio, tocca sempre muoversi al limite della disidratazione oppure scegliere percorsi che abbiano bar, ristoranti, sale da tè. Ma a quel punto lo spuntino, la merenda, “l’appoggino”, diventa obbligato e si finisce per ingrassare, ma non si può fare la dieta perché non siamo abbastanza forti, mentre i vestiti non ci entrano più e non possiamo comprarli perché abbiamo speso quello che avevamo extrabudget per un abbonamento annuale ai mezzi pubblici di Roma che non possiamo usare perché non funzionano.
E con questo ragionamento che richiama La Fiera dell’Est credo che sia chiaro il principio di base dell’inferno: non ne può esistere uno solo ed ogni inferno ti porta in un altro inferno, così che non si possa mai uscirne, come dalla metro di Roma appunto.
P.S. approfitto per il momento pubblicità, l’immagine di questo pezzo è una carta de L’Oracolo delle Porte, libro e carte dei tarocchi di Francesca Romana Valente illustrato da Mariuccia d’Angiò e pubblicato da Edizioni Il Punto d’Incontro, disponibile in tutte le librerie, anche on-line.
Accattatevello!!!
P.S. del P.S. ringrazio una nuova e brillante amica per il titolo del pezzo, che adoro….
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