Ci sono delle esperienze che si tende a rimuovere, nel mio caso la gran parte di quelle legate agli adempimenti della legge 626 per le aziende, in particolare quelle che mi costringono a fare cose che eviterei volentieri di fare, visto che già sono costretta ad andare a lavorare tutti i giorni e non mi pare poco.
Tra queste, dopo la visita medica, sono riuscita a vincere anche un’altra esperienza formativa indimenticabile: il corso antincendio.
La farò breve, da un’intera giornata trascorsa in un’aula al piano seminterrato in un anonimo edifico per uffici a “Maritozzonia” ovvero un luogo di Roma per me sconosciuto, i posti che non conosco e giudico lontani da casa sono tutti a Maritozzonia, ho imparato veramente, ma veramente, un sacco di cose che vi vado ad elencare:
Se un collega ti blocca nel corridoio e ti chiede qualcosa tu dici sempre di no. Mi hanno incastrato così, io me ne andavo rasente il muro pensando ai fatti miei e il collega mi ha chiesto a bruciapelo, con quel tono “che non me lo fai un favore?” “Vai a fare questo semplice corso perché “qualcuno lo deve pur fare”. Io ho detto di si, poi dopo ho scoperto che era tutto il giorno, che dovevo stare alle nove di mattina a Maritozzonia, appunto, e che mi avrebbero fatto fare la “prova pratica con l’estintore”, ma di quella parliamo dopo.
Se la fiamma è blu vuol dire che non è tanto calda, ma non mi hanno spiegato che vuol dire se è verde, quindi non saprò mai la temperatura di combustione di un folletto irlandese.
Gli incendi si basano sul “triangolo del Fuoco”, che non è il “triangolo dell’Amore”, per cui devono esserci tre elementi perché le cose prendano fuoco: fonte d’innesco, comburente e combustibile. Ora non starò qui a spiegarvi cosa sono, tanto il principio fondamentale da seguire è il punto 4.
La prima cosa da capire è a che punto è l’incendio: se sta bruciando una carta, un cestino, pure un copertone, si può provare a spegnerlo, ma se è una carta più il cestino, il cestino più la scrivania, il copertone più la macchina, ci si deve allontanare, o meglio darsela a gambe. Sempre. In pratica il lavoratore medio può intervenire sul “principio” d’incendio, ovvero solo sull’inizio, anche qui, come per il resto della vita, è una questione di tempismo.
Sempre riprendendo il fondamentale punto 4, non si può spegnere un incendio se non si è un pompiere e non si ha la debita attrezzatura, e per debita attrezzatura non si può considerare l’estintore che dopo 16 secondi ha finito di spruzzare, quindi manco il tempo di imbiancarci i piedi che abbiamo finito con i gesti eroici.
L’estintore va puntato NON sulla fiamma, ma sulla BASE della fiamma, non contano i piedi dei compagni di corso, la faccia dell’istruttore e neanche l’albero a cinque metri.
Ricordasi di togliere il fermo all’estintore, è inutile pensare che sia rotto o scarico solo perché non riusciamo ad abbassare la leva.
Ricordatevi che la coperta antincendio non riscalda, anzi, serve per soffocare le fiamme e che se uno prende fuoco va avvolto e buttato a terra e tenuto a terra, pure se ha voglia di andarsene in giro urlando e appiccando il fuoco anche lui un po’ dappertutto.
La carta brucia, il parquet brucia, ma la pelle l’istruttore non ha saputo dire a che temperatura prende fuoco. Questa è stata l’unica domanda dell’altra donna presente nel gruppo dei circa venti partecipanti, i quali, per inciso, avevano tutti l’aria di immaginare le rispettive compagne in attesa a casa con l’accendino in mano e che hanno accolto con sollievo la risposta composta da un suono indefinito a metà tra il colpo di tosse e lo sternuto.
Se mi si brucia l’olio della padella devo metterci sopra il coperchio e non buttarla nel lavandino e versarci l’acqua, naturalmente questa precisazione è stata fatta proprio perché era un corso professionale e io chiaramente dovevo stare a casa a cucinare, mica là.
Quando scoppia un incendio, e speriamo che funzionino gli allarmi e che quindi non ce ne accorgiamo perché ci stanno andando a fuoco i capelli, dobbiamo far uscire tutti. E qui mi fermo, perché a questo punto finisce il tempo della lezione.
Avevano passato tutto il tempo a parlare di fresconerie come “l’acetone brucia?”, neanche fossimo ad un corso di estetiste, o “che differenza c’è tra un corso antincendio basso e uno medio?”, e noi eravamo al medio, quindi che ce ne importava del basso? Sta di fatto che il prode “maestro del fuoco”, con la sua cravatta in acrilico che sarebbe bruciata sicuramente in 5 secondi per attaccare poi il megariporto che ho fissato per tutto il tempo, non ha avuto il tempo di spiegare l’unica cosa che veramente avrei voluto sapere, ovvero: come faccio ad uscire dalle fiamme viva?
Grazie a dio esistono i film, ed un opuscolo che ci hanno dato a fine giornata, dove simpatici disegnini adatti ai bambini di sette anni mi hanno spiegato che devo camminare stando il più basso possibile per non respirare troppo fumo, coprirmi la testa con una maglia, perché gli stracci stanno in cucina, appunto per non prendere fuoco, e coprire anche la bocca sempre con qualcosa di bagnato che, badate bene, non sia uno spritz.
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