Odio il lunedì perché è troppo lontano dal venerdì. Odio il lunedì perché ho letto troppe strisce di Garfield (il gatto rosso e ciccione molto figo prima di diventare un film). Il felino mi ha insegnato appunto ad odiare il primo giorno della settimana, che i gatti vanno a strusciarsi sempre vicino agli allergici e che una persona sovrappeso è semplicemente diversamente magra.
Per capire perché odio il lunedì prendiamo un esempio del mio lunedì tipo. Torno da un weekend fuori città e decido di prendere il treno il lunedì mattina per stare in ufficio ad ora di pranzo e non dover perdere giorni di ferie. Arrivo in stazione per fare il biglietto e mi parte davanti il treno, dovrò aspettare altri quaranta minuti prima che parta il prossimo.
Mi siedo in una carrozza affollatissima dominata dalla presenza di un signore napoletano di circa settant’anni che ha gravi problemi di udito e forse soffre di stress post-traumatico. Informa infatti tutti i suoi vicini di posto, ed anche quelli del resto della carrozza, che ha perso il treno delle 9, che deve scendere a Roma e poi deve prendere quello locale per Sessa Aurunca, che spera di riuscire a prendere la coincidenza e non perdere pure quello, perché deve andare al funerale del fratello, ma non si preoccupassero, era contento che il “Signore se lo fosse preso”, perché erano dieci anni che soffriva.
Quindi per le successive due ore e mezzo, fino all’arrivo in stazione, il signore non solo ha ripetuto, o meglio gridato, con il suo pesantissimo accento regionale, a noi povere vittime queste informazioni come un disco rotto, ma anche a tutti quelli che lo chiamavano per le condoglianze, circa altre dieci telefonate. Ed in una ha raggiunto il massimo della sua performance quando ha rimproverato l’interlocutore di averlo chiamato per le condoglianze ma di non averlo chiamato per fargli gli auguri di compleanno.
A quel punto mi sono andata a chiudere in bagno per una decina di minuti perché ero stata colta da una stranissima voglia di prendere anche io quel treno per Sessa Aurunca, o quanto meno verificare che lo prendesse lui. Arrivata in stazione, trovo ad accogliermi lo sciopero dei mezzi pubblici. Ho circa un’ora e mezza per arrivare in ufficio. Soppeso la borsa, se ci avessi messo dentro un capretto morto con tanto di testa sarebbe stata più leggera. Non vedo molte alternative, o mi metto a camminare verso l’ufficio o mi butto sul ciglio della strada e decido di attuare quel piano che mi vede chiedere l’elemosina con un cartello “Sono storica dell’arte, aiutatemi, ho fame”. Opto per la prima. Ma solo perché ho pensato che posso fermarmi per strada a comprare il sushi in un negozietto dove non mi è mai facile arrivare.
Così arranco per le vie del centro, senza il fidato ipod che ha le auricolari rotte, ed approdo, dopo 45 minuti di marcia sotto il sole dell’ora di pranzo, alla mia dolce scrivania. Dolce però per circa dieci minuti, visto che mi arriva la richiesta di scrivere un pezzo su un argomento che non conosco, per un catalogo che non conosco e a firma di una persona che conosco ancora meno del resto. Mi concentro sui miei california roll per cercare di rimuovere per almeno altri dieci minuti il problema quando squilla il telefono. E’ “l’amica del momento sbagliato”.
Ora non ditemi che non avete anche voi un’amica che vi chiama sempre, ma dico sempre, quando non deve. Quando siete al check-in in aeroporto e non risulta la vostra prenotazione, quando state salendo su un autobus con una scolaresca di cinquanta bambini, quando state baciando per la prima volta l’uomo (o la donna, dipende dai gusti) della vostra vita…si, certe volte chiamano anche in quell’occasione. E noi le rispondiamo sempre, perché anche se è un’emerita rompicoglioni è sempre un’amica. Comunque, “l’amica del momento sbagliato” mi attacca un pilotto di circa venti minuti.
Se dovessi dirvi che mi ha detto vi mentirei, ho staccato il cervello e mentre parlava mi sono messa in pausa. Quando ho percepito delle frasi tipo “ci sentiamo” ho ripreso il controllo delle mie corde vocali e l’ho salutata rassicurandola che “ci saremmo sentite prestissimo”. Intanto l’ultimo california roll mi si era ammollato irrimediabilmente nella soia. Attimo patetico. A quel punto mi contatta sulla chat di facebook un “amico” che ha avuto l’onestà intellettuale di informarmi, dopo cinque minuti di conversazione, che non voleva proprio parlare con me, ma con un altro contatto che aveva il mio stesso nome di battesimo. Il mio ego ha raccolto il piccolo colpetto con molta classe e superato brillantemente questa gaffe anche perché non mi sono persa d’animo ed ho avuto un’illuminazione: mi sono ricordata che oggi inizia la mia rubrica “Odio i lunedì”.
Qui, per gentile concessione del direttore, vengono riportati i pezzi che pubblico sul mio piccolo blog intitolato “piantatastorta ”. No, non è un blog sul giardinaggio e non ve lo spiego perché l’ho chiamato così, sarebbe troppo lunga. A questo punto ho avuto la seconda illuminazione ed ho scritto quello che state leggendo in esclusiva per voi, carissimi lettori di noiroma. Purtroppo questo non è il pezzo di apertura della rubrica, ovvero oggi è uscito “Non esistono donne brutte”. In questa occasione c’è stato un piccolo fraintendimento, ovvero non avevo capito che la grafica della rubrica avrebbe previsto un’immagine, quindi ne è stata inserita una a discrezione della redazione che non corrisponde ai miei gusti. Amarezza.
Sorvoliamo su questo momento e balziamo quindi alla fine di questa giornata, al rientro a casa, dopo un’ora e mezzo di autobus perché c’erano dei lavori per strada, sono stata accolta dal vorticoso scroscio dello sciacquone del water, che si era rotto e continuava a scorrere senza fermarsi. Ma anche questo era nello spirito della giornata, se non fosse stato un tipico, odioso lunedì non avrei avuto abbastanza da raccontare! N.B. Non è vero che l’immagine abbinata all’articolo non mi piacesse. Direttore, lei sa quanto la stimo, quindi le ricordo che è solo licenza poetica e tutto quello che ho scritto è frutto della mia immaginazione, fatti e persone sono inventati ed io amo tanto noiroma, non mi tolga la rubrica proprio subito subito…
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