La felicità è accarezzare un cucciolo caldo caldo, è stare a letto mentre fuori piove, è passeggiare sull’erba a piedi nudi, è il singhiozzo dopo che è passato. (Charlie Brown)
E posso aggiungere: la felicità è trovare un jeans taglia 28 che ti entri quando di solito prendi la 31.
Converrete con me che il jeans è il capo più versatile, comodo e nello stesso tempo più difficile da indossare che esista. Con una maglietta elegante va bene per una serata, con la felpa puoi uscire a portare fuori il cane, se ha un buon taglio può regalarti un fondoschiena da acchiappo e trasformarti in una principessa ma se è sbagliato può farti sembrare la sorella maggiore di Moby Dick e sprofondare nell’abbrutimento.
Viste queste premesse e la mia nota passione per i capi passepartout (ovvero che vanno bene in qualsiasi situazione, come la camicia bianca e il tubino nero), il jeans è il capo che adoro per definizione. Ma è anche quello che mi crea le maggiori frustrazioni, perché trovarne uno che mi soddisfi quando me lo provo davanti allo specchio è sempre durissimo. Un po’ perché notoriamente tutti gli specchi ingrassano, un po’ perché il grasso c’è veramente, ma su questo punto non voglio dilungarmi, il taglio del pezzo dovrebbe essere “pensiero felice” non “lamentela standard”.
Non so se a voi è mai capitato, ma quando si decide di comprare un jeans non si fa una sessione di shopping normale, si inizia una sorta di battuta di caccia alla volpe che implica spesso la consultazione di varie amiche, la decisione di uscire in branco e la creazione di itinerari specifici che ci porteranno a visitare vari negozi nell’arco di alcune ore per individuare il paio ideale.
Una cosa utile, per non girare a vuoto, è decidere prima di partire la tipologia generale, ovvero: tipologia di gamba, di tasca, altezza della vita e del cavallo, colore di riferimento. Di solito queste opzioni sono individuate partendo dalla conformazione fisica, ma anche dalla moda, un pantalone a zampa di elefante messo oggi fa un orrore che due anni fa non faceva, e viceversa, la gamba a sigaretta ci ha messo almeno sei anni prima di riprendere il suo posto nel panorama della moda.
Così un’altra caratteristica di questo genere di pantaloni è che sono come gli orsi: vanno in letargo, sono da tenere nell’armadio quando passano di moda perché, entro un paio d’anni, saranno sicuramente rimettibili, sperando di avere la stessa taglia, ben inteso.
Recentemente ho indetto una battuta di caccia, ma molto mirata, ovvero mi è stata segnata una marca di jeans emergente, prodotti interamente Made in Italy il cui modo di calzare veniva descritto come favoloso. Una marca costosa che però per un giorno sarebbe stata accessibile grazie ad una “vendita privata”, ovvero una vendita diretta, fatta per l’occasione, in una suite di un albergo a cinque stelle. Così il gusto della caccia è diventato ancora più dolce, ed ho trascinato un’amica fidata che sapevo condivideva con me lo spirito della spedizione ovvero: spendere troppo.
E così, lasciato l’ascensore tutto specchi che ci ha portate al piano, mi sono ritrovata nel mio personale mondo dei balocchi, ovvero una serie di stanze ricolme di jeans. Erano ovunque, appesi agli stend, distribuiti sui mobili, di tutti i colori, forme, misure e soprattutto mi piacevano tutti.
Persa in questo magnifico nulla che è lo stile mi sono ritrovata a provare una serie di capi ed ad accorgermi che mi andavano taglie inaspettate, come prometteva la fama della marca, e che mi stavano irrimediabilmente benissimo. Mentre ero indaffarata a guardare, alcuni mi sono rimasti attaccati alle manine, non ne volevano sapere di tornare al loro posto. Quindi che fai? Non li porti con te?
Così, uscita da quella suite, oggi posso dire di aver trovato il mio “Santo Graal” dei pantaloni, ormai porto solo quelli, non riesco a comprare altro, credo mi abbiano dato dipendenza!
E tutto questo per dire che la felicità esiste ed è possibile, quando indossi un paio di DCB…
p.s. se li volete vedere… http://www.dontcrybaby.it/
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