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L’Erba ha così poco da fare, Un filo d’erba di Federico Zandomenighi


Zandomenighi dipinge la luce che forma il primo piano di una giovane distesa che fa vagare i pensieri mentre mordicchia un filo dell’erba che la circonda. L’incarnato e il vestito sono costruiti con pennellate rapide e grosse come i fili verdi della vegetazione, ma mantengono un’autonomia cromatica forte, che rende l’immagine corposa e definita. Perché è la fluidità stessa dei colori che si combinano a contenere le forme rendendole mobili ma salde, per restituire quel momento di quiete che è il vero soggetto del quadro.

Sempre Emily Dickinson diceva che l’erba si lascia vivere seguendo il tempo che passa e le stagioni che cambiano, solo il vento la può agitare e la rugiada piegare, e anche quando muore riposa nei granai sognando giorni lontani proprio come la giovane che diventa erba anch’essa in un fluire osmotico delle cose, dei sentimenti e dei pensieri.

La quiete pensierosa si muove nella testa della protagonista come i fili d’erba piegati dal vento, in un istante eterno dove contano sogni, passioni e speranze che si fondono e sembrano possibili, ma solo per quell’attimo, per il tempo di quella solitudine e comunione con la natura, quando l’interlocutore è l’anima.

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