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E sempre questione di punti di vista: “Relatività” di M. C. Escher


Tre punti di vista reali e possibili che uniti diventano impossibili. Ecco il sunto scarno ed asciutto della litografi di Maurits Cornelis Escher del 1953 intitolata “Relatività”.

Un ambiente dove si muovono e vivono personaggi simili a pedoni degli scacchi ed in cui una parete diventa un pavimento, una finestra una botola, le scale stesse cambiano verso a seconda di come vengono vissute.

Perché lo spazio viene prima di tutto vissuto dai personaggi e sono loro, con l’impressione del movimento e dell’azione, che danno l’idea del punto di fuga, della prospettiva, o meglio, della molteplicità delle prospettive.

Il fascino di questa immagine costruita in bianco e nero, con l’ inchiostro e su una lastra che permetterà la sua riproduzione in migliaia di copie, è proprio il paradosso. Un’immagine unica, ma in migliaia di copie, che rappresenta una scena impossibile perché composta più da scene possibili.

Perdersi nel paradosso è facile, a volte anche rilassante, perché ci porta a seguire un movimento perpetuo dove non si ritrova più l’inizio del ragionamento e non si vede la motivazione della fine.

Ci perdiamo nel moto lento di un mondo immaginario in cui tutto è relativo, ovvero non esiste un unico punto di vista, non esiste la ragione o il torto, esistono le ragioni di ognuno, la vita di ognuno, che non si incontrano, non si capiscono, sono semplicemente differenti.

Così dal paradosso passiamo all’incomunicabilità, perché l’impossibilità di toccarsi e di vivere in una dimensione che non è la loro, rende i personaggi assolutamente muti e incapaci di comprendere le realtà differenti che li circondano.

Però in questo percorso visivo Escher ci fa intravedere una speranza: una coppia che cammina abbracciata. Quindi esiste la possibilità di ritrovarsi nella prospettiva, di muoversi sullo stesso pavimento, perché l’amore fa ritrovare le strade, è il punto d’incontro per un vista comune.

Perché quando si cammina in due si arriva sempre prima.

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