“Chi è senza peccato scagli la prima pietra”, una delle mie frasi preferite, una delle frasi che segnano il taglio tra la concezione del Vecchio Testamento e quella del Nuovo, che cambiano la visione di Dio da “Giudice” a “Padre”. Una frase che sintetizza quello che doveva essere la religione cristiana e quello che dovrebbe essere la nostra morale quotidiana.
Cristo, chiamato dagli Scribi e dai Farisei del Tempio a giudicare la lapidazione di una donna che ha tradito il marito, non soddisfa le richieste della legge comune e invoca il perdono e la comprensione portando un nuovo metro di “giustizia” davanti agli occhi del mondo.
L’iconografia di questo importante episodio del Vangelo subisce variazioni date non solo dai diversi stili degli artisti, ma dalla scelta di renderla o una composizione monumentale, ambientata in uno spazio aperto e architettonico, che permetta la costruzione di una prospettiva in profondità, con l’inserimento di vari gruppi di personaggi, oppure di restringerla ad un primo piano di Cristo e dell’adultera dove la folla dei contestatori si accalca intorno a loro quasi a voler entrare a forza nel riquadro della scena.
Lorenzo Lotto sceglie quest’ultima iconografia, ma riesce comunque a dare un certo spazio ai personaggi secondari, che si distinguono per fisionomie e gesti creando una sorta di “chiasso silenzioso” intorno alla composta frontalità di Cristo, perno della storia oltre che del quadro.
I due linguaggi che si fondono nell’immagine sono quello gestuale e quello cromatico.
Il primo si sostituisce al sonoro e traduce le parole in movimenti che esprimono la concitazione del momento, il secondo, ovvero il linguaggio cromatico, è espresso nel modo più evidente nella differenza degli incarnati dei personaggi, dove il pallore morbido della donna si scontra con la carnagione ruvida e scura degli uomini, manifestando la debolezza dell’una rispetto alla forza degli altri.
E in questa folla di gesti concitati Cristo ferma la discussione con un gesto simmetrico delle mani, che indicano il cielo e la terra, con il palmo aperto verso gli uomini e la benedizione dell’altra mano rivolta verso il basso.
La bellezza di questo dipinto si riassume nella perfetta coincidenza tra forza emotiva e forza visiva e nella ferma rappresentazione della certezza rappresentata dal figlio di Dio. L’artista descrive insieme il monito divino e la forza del cambiamento che porta nel mondo, un mondo che urla e cerca di ribellarsi ma che alla fine deve arrendersi davanti alla verità: la pochezza dell’uomo non è eterna e la giustizia non è di questo mondo.
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