Cos’è la vista? Se lo chiede Bruegel il Vecchio in questo quadro che dipinge nel 1617 per una serie dedicata ai “Sensi”, in collaborazione con il più famoso Peter Paul Rubens.
In un momento lontano dalle nostre conoscenze scientifiche, l’artista fiammingo non si pone solo la domanda, cerca anche una risposta, e lo fa nella sorprendente composizione che propone allo spettatore, dove risolve brillantemente il problema di “rappresentare” in un’immagine l’atto stesso di “guardare”.
Forse inconsapevolmente, Bruegel affronta uno dei temi fondanti dell’arte contemporanea: la soggettività, ma lo fa con gli occhi di un artista fiammingo, in cui l’atto del “vedere” si esprime nella rappresentazione degli oggetti, non del soggetto. In breve, la realtà è concepibile come un affollato insieme di oggetti che vogliono essere significati universali e non come un sentimento mobile che cambia a seconda dello spettatore e che lo rappresenta nella sua unicità.
Eppure la varietà della percezione deve essere espressa, così sceglie la rappresentazione di un fantastico ed animato “Gabinetto delle meraviglie”, ovvero una stanza che ospita una mirabile collezione di oggetti belli, preziosi e stravaganti.
Primi fra tutti i quadri, che affollano le pareti insieme a busti classici, a libri, a vasi, a una miriade di cose curiose e ad animali esotici, mentre una figura femminile guarda, su indicazione di un putto, personificazione di una coscienza immateriale, un quadro specifico: “La Guarigione del cieco”.
Il quadro rappresenta un episodio del Vangelo emblematico nella predicazione di Gesù perché egli compie il miracolo ricordando all’uomo salvato che la vista è stata riacquistata grazie alla sua fede, ovvero alla sua volontà di vedere ed accogliere quello che il Signore gli offre combattendo la disperazione della sofferenza. Il gioco di rimandi quindi si concretizza in questa metafora della salvezza, dove la vista non è solo quella materiale, ma quella dello spirito, che riconosce la verità e la speranza usando prima la volontà e poi gli occhi.
E in questo paradosso che vede dei quadri dentro un altro quadro, come un mondo fatto di scatole cinesi, che si aprono e si chiudono, appunto a seconda di come le guardi, il pittore continua la sua “analisi” dell’essenza della vista per presentarla anche come capire, imparare, studiare, in un rimando specifico alla scienza indicata dai vari strumenti scientifici ed in particolare dal cagnolino, simbolo della Fede, accanto al telescopio.
Bruegel presenta un mondo chiuso che però vive oltre il limite delle pareti, perché non ha porte, né verso il giardino, il mondo esterno, né verso le altri parti del palazzo, la ricerca interiore.
E proprio la ricerca è il motivo intorno a cui ruota l’insieme complessissimo di questa immagine piena di altre immagini: la vista è espressione di quell’istinto primordiale che ci porta a cercare di comprendere quello che ci circonda nella sua molteplicità.
Vedere è quel desiderio intrinseco che abbiamo di possedere il mondo tramite la conoscenza e di tenerlo intorno a noi nelle sue parti più belle, in quelle che ci permettono di intuire che c’è ancora altro da scoprire, in un movimento perpetuo, che qualcuno potrebbe banalmente chiamare curiosità, che ci spinge sempre oltre l’ostacolo.
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